La situazione delle pensioni in Italia nel 2022

Stando al rapporto INPS, nel 2021 i pensionati con redditi da pensione inferiori a 1.000 euro al mese erano il 32% del totale, pari a circa 5 milioni 120.000 persone, considerando gli importi lordi maggiorati delle integrazioni delle varie forme di indennità di accompagnamento, della quattordicesima mensilità e delle maggiorazioni sociali associati alle prestazioni.
Le pensioni vigenti al 1° gennaio 2022 e liquidate dall’Istituto nel 2021 sono 17.749.278, di cui 13.766.604 (77,6%) di natura previdenziale (vecchiaia, invalidità e superstiti) e le restanti 3.982.674 (22,4%) di natura assistenziale (invalidità civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali).

Secondo l’Osservatorio sulle pensioni della Gestione Dipendenti Pubblici (GDP), il 59,5% del totale dei trattamenti pensionistici riporta che il 15,1% delle pensioni pubbliche ha un importo mensile inferiore ai 1.000 euro, il 45,3% tra 1.000 e 1.999,99 euro e il 29,6% di importo tra 2.000 e 2.999,99; infine, il 10% ha un importo dai 3.000 euro mensili lordi in su.
Le gestioni dei lavoratori autonomi erogano il 28,2% delle pensioni, per un importo in pagamento del 24,3%, mentre le gestioni assistenziali erogano il 22,4% delle prestazioni con un importo in pagamento pari al 10,6% del totale. L’importo medio mensile della pensione di vecchiaia è di 1.285,44 euro e presenta il valore più elevato nel settentrione con 1.379,92 euro.

Il divario delle erogazioni pensionistiche tra uomini e donne

L’Inps evidenzia che la percentuale di pensionati con reddito inferiore a 12.000 euro è però pari a 40% se si considerano solo gli importi delle prestazioni al lordo dell’imposta personale sul reddito. Nel 2021 sono state erogate 1.315.171 pensioni, di cui il 44,2% di natura assistenziale.
Secondo il rapporto Inps, inoltre, con 30 anni di contributi versati e un salario di 9 euro lordi l’ora, un lavoratore potrebbe ritrovarsi con una pensione a 65 anni di circa 750 euro.

Stando a l’Osservatorio sulle pensioni della Gestione Dipendenti Pubblici (GDP), il 59,5% del totale dei trattamenti pensionistici è erogato alle donne, contro il 40,5% erogato agli uomini. L’età media complessiva dei titolari di pensioni di vecchiaia e anzianità/anticipate è di 73,4 anni sia per gli uomini che per le donne.

I pensionati a fine dicembre 2021 erano 16 milioni per un importo lordo complessivo di quasi 312 miliardi (+1,55% sul 2020). Sebbene le donne rappresentino il 52% del totale percepiscono solo il 44% dei redditi pensionistici ovvero 137 miliardi di euro contro i 175 miliardi dei maschi. I redditi percepiti dalle donne inoltre superano quelli degli uomini del 37%. Si rileva quindi un divario di oltre 500 euro tra la pensione mensile degli uomini (1620 euro) e quella delle donne (1374 euro).

Le soluzioni per consolidare il sistema pensionistico

“Per sostenere il sistema pensionistico occorre più lavoro e meglio retribuito”, afferma Pasquale Tridico, presidente di Inps, nella sua relazione annuale. “Il Rapporto propone un esercizio di simulazione in cui sono state ricostruite le contribuzioni accumulate nei primi 15 anni di carriera lavorativa dalle generazioni nate tra il 1965 e il 1980, alle quali si applica esclusivamente il sistema contributivo. Una parte di loro non è riuscita a guadagnare retribuzioni superiori a quello che equivarrebbe oggi ad un salario minimo di 9 euro lordi orari. Se si introducesse un tale salario minimo, i loro profili contributivi si alzerebbero significativamente, in media del 10%”.

Per garantire il mantenimento del sistema previdenziale, occorre allargare la base contributiva sia recuperando il sommerso che incrementando la massa dei contributi dai lavoratori regolari. A questo scopo si rende necessario incentivare la formazione soprattutto giovanile, eventualmente attraverso la valorizzazione del percorso di studio a fini pensionistici, per esempio convertendo gratuitamente gli anni di studio in periodi contributivi

Un’altra strategia consiste nel programmare la regolarizzazione dei nuovi cittadini stranieri per colmare i posti di lavoro vacanti a causa dell’invecchiamento della popolazione residente. Si sono visti i risultati della manovra di regolarizzazione del 2020, in particolare nel settore domestico. Tale strategia riveste un grande rilievo nel piano più ampio di assicurare la tenuta del sistema previdenziale del Paese.

Stando al report di Inps da gennaio 2021 la ripresa occupazionale si è riportata vicini ai massimi storici registrati prima del Covid-19. Il tasso di occupazione ha quasi raggiunto il 60%, ma ancora c’è strada da fare per raggiungere l’obiettivo europeo del 70%.
Gli assicurati all’Inps (dipendenti e indipendenti) nel 2021 sono aumentati salendo fino a 25.683 milioni.
Tra gli indipendenti è proseguito il trend di lenta e continua erosione per artigiani, commercianti e agricoli autonomi, mentre in crescita o stabili risultano le componenti del lavoro parasubordinato afferenti alla gestione separata (amministratori, collaboratori, etc.).